Cannabis light 2025: cosa cambia davvero dopo il Decreto Sicurezza, le sentenze favorevoli e il caso CBD

 

Introduzione

Negli ultimi mesi il panorama normativo italiano intorno alla cannabis light e al cannabidiolo (CBD) ha subito mutamenti profondi, destinati a incidere in modo significativo su coltivatori, commercianti e appassionati. Il noto Decreto Sicurezza (D.L. 48/2025, convertito nella L. 80/2025) ha introdotto restrizioni stringenti sulla vendita di infiorescenze e derivati della cannabis sativa L., generando un clima di incertezza e contenziosi. Parallelamente, la giurisprudenza e alcune pronunce amministrative hanno iniziato a declinare queste norme in modo più sfumato, aprendo spazi di riflessione e possibili strategie di compliance. In questo articolo esploriamo che cosa prevede oggi la legge, quali sono i principali casi giurisprudenziali del 2025 e come operatori e consumatori possono orientarsi in un quadro in rapido mutamento.

Che cosa prevede oggi la legge (breve recap aggiornato)

  • Il D.L. 48/2025 “Decreto Sicurezza”, convertito con la L. 80/2025, introduce all’articolo 18 specifiche disposizioni riguardanti la commercializzazione delle infiorescenze, foglie e derivati della cannabis sativa L., puntando a una forte restrizione della filiera della “cannabis light”.

  • La legge distingue chiaramente tra la produzione industriale di canapa (ai sensi della Legge 242/2016), che resta in gran parte legale se rispettati limiti di THC e filiera, e la vendita al dettaglio di infiorescenze/derivati al consumatore finale, che è fortemente limitata.

  • Sull’altro fronte, per il CBD, la sentenza del TAR Lazio n. 7509/2025 (16 aprile 2025) ha confermato l’inserimento delle “composizioni orali di CBD” nella Tabella B degli stupefacenti, sancendo che tali prodotti possono essere venduti solamente in farmacia con ricetta non ripetibile.

  • Pertanto, l’attuale cornice normativa si presenta come fortemente restrittiva per i prodotti derivati dalla cannabis a basso contenuto di THC, salvo che non si rientri in filiere industriali specifiche o in canali autorizzati.

  • La relazione della Cassazione e i dubbi di legittimità

    A fine giugno 2025, l’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione ha pubblicato la Relazione n. 33/2025, un documento che sta facendo discutere giuristi e operatori del settore.
    La relazione analizza il nuovo Decreto Sicurezza 2025 e mette in luce diversi profili di possibile illegittimità costituzionale e comunitaria relativi al divieto generalizzato sulla vendita di infiorescenze e derivati della canapa light.

    Secondo i magistrati estensori, l’articolo 18 del decreto presenta criticità su almeno tre fronti:

  • Principio di proporzionalità e offensività – la norma potrebbe punire condotte che non generano alcun rischio concreto per la salute pubblica, come la commercializzazione di prodotti con THC trascurabile.

  • Violazione del diritto dell’Unione Europea – il divieto potrebbe entrare in contrasto con la libera circolazione delle merci e con la direttiva (UE) 2015/1535, che obbliga gli Stati membri a notificare preventivamente alla Commissione le nuove “regole tecniche” che incidono sui prodotti già disciplinati a livello europeo.

  • Difetto di determinatezza e chiarezza normativa – la legge non distingue in modo netto tra le varie tipologie di derivati della canapa e rischia quindi di criminalizzare comportamenti leciti.

La Cassazione non ha potere di abrogare la legge, ma la relazione del Massimario costituisce un punto di riferimento autorevole per i giudici di merito.
In diverse sedi, infatti, procure e tribunali hanno già iniziato a richiamare queste osservazioni nelle proprie decisioni, chiedendo una lettura più equilibrata e conforme ai principi europei.

L’effetto immediato è duplice: da un lato, gli operatori economici si trovano a navigare in un quadro giuridico incerto; dall’altro, si aprono spiragli per nuove questioni di legittimità costituzionale o addirittura disapplicazioni in via diretta della norma nei casi in cui manchi una reale offensività.

Cosa stanno decidendo i Tribunali: i casi emblematici del 2025

Nonostante il Decreto Sicurezza 2025 abbia introdotto un impianto molto rigido sulla carta, la pratica giudiziaria sta andando in gran parte in un’altra direzione.
Nelle aule di giustizia, infatti, la quasi totalità delle decisioni significative del 2025 si è rivelata favorevole alla filiera della cannabis light, con dissequestri, riconoscimento della liceità delle coltivazioni e letture “correttive” dell’art. 18.
Le pronunce davvero restrittive sono poche, spesso di taglio formale, e non hanno la stessa rilevanza pratica dei casi positivi.

Quando manca l’effetto drogante: Brindisi e non solo

Uno dei casi più importanti è quello deciso dal Tribunale del Riesame di Brindisi nel novembre 2025:
la Guardia di Finanza aveva sequestrato oltre 800 piante di canapa sativa light a un’azienda agricola pugliese. Le analisi avevano evidenziato valori di THC molto bassi, in linea con le varietà certificate e privi di reale efficacia drogante.

Il Riesame ha disposto il dissequestro integrale delle piante, affermando che, in assenza di effetto drogante, non si può parlare di condotta penalmente rilevante, neppure alla luce dell’art. 18 del Decreto Sicurezza.

Questo provvedimento è stato ripreso da più testate e commentato come l’ennesima conferma che, anche dopo il decreto, il criterio decisivo resta quello dell’offensività concreta:
se il prodotto non “sballa”, non c’è reato.

Il caso Trento: la canapa light resta legale se senza efficacia drogante

Un altro pilastro del 2025 è l’ordinanza del Tribunale di Trento del 5 settembre 2025, resa nell’ambito di un ricorso promosso da due aziende e dalle associazioni Canapa Sativa Italia e Imprenditori Canapa Italia contro l’art. 18 del Decreto Sicurezza.

La giudice ha chiarito che:

  • la canapa industriale resta legale quando è priva di efficacia drogante,

  • l’art. 18 ha carattere ricognitivo, cioè non introduce un nuovo reato,

  • la vendita di derivati della canapa che rispettano i limiti di THC non integra di per sé un fatto penalmente rilevante

In pratica, il Tribunale ha rimesso al centro la linea delle Sezioni Unite 2019 (canapa legale se priva di efficacia drogante), ma lo ha fatto dopo il Decreto Sicurezza, “raffreddando” la lettura più repressiva della norma.

Profili europei e disapplicazione dell’art. 18

Accanto ai casi legati all’effetto drogante, nel 2025 si è affermato anche un altro filone favorevole: quello che guarda al diritto dell’Unione Europea.
In almeno una decisione molto commentata, un tribunale ha ritenuto inapplicabile l’art. 18 richiamando la Direttiva (UE) 2015/1535:

  • il divieto introdotto dal Decreto Sicurezza è stato considerato una “regola tecnica” che avrebbe dovuto essere notificata alla Commissione UE;

  • in mancanza di questa notifica, la norma non può essere applicata nel caso concreto.

Questo filone – ancora minoritario ma importante – apre scenari in cui il diritto europeo diventa uno strumento di difesa per produttori e rivenditori, rafforzando ulteriormente l’orientamento favorevole ai soggetti della filiera.

Le poche letture restrittive: eccezioni, non regola

Rispetto a questo quadro, le decisioni che leggono l’art. 18 in modo “punitivo” e totalmente svincolato dall’effetto drogante sono, ad oggi, poche e tendenzialmente antecedenti a questi sviluppi giurisprudenziali più recenti.
Si tratta per lo più di provvedimenti:

  • che si limitano a ribadire il testo del decreto senza analisi tecnica del THC,

  • oppure che richiamano in modo molto formale l’impostazione del governo, senza misurarsi davvero con i principi UE o con la Relazione della Cassazione 2025.

Alla luce delle decisioni di Brindisi, Trento e delle ordinanze che richiamano la Direttiva 2015/1535, è difficile sostenere che il quadro sia “equilibrato” tra pro e contro: le pronunce realmente operative a favore della filiera sono nettamente prevalenti, mentre le letture ultrarestrittive appaiono residuali e sempre più isolate.

Un quadro tendenzialmente favorevole alla filiera

In termini oggettivi, quindi, il 2025 mostra:

  • una serie di decisioni chiave positive (Brindisi, Trento, sentenze su notifica UE, articoli di dottrina e giurisprudenza che parlano apertamente di “giudici che smontano il Decreto Sicurezza”),

  • pochissime pronunce davvero coerenti con la linea più dura del governo,

  • un messaggio sempre più chiaro: senza efficacia drogante e nel rispetto delle varietà certificate, la canapa light continua a essere considerata lecita.

Questo è il quadro che, correttamente, un operatore o un consumatore informato dovrebbe avere oggi: non un campo di battaglia in equilibrio, ma un fronte giurisprudenziale prevalentemente favorevole, pur in presenza di qualche eccezione formale ancora da superare.

CBD: cosa è effettivamente consentito dopo aprile 2025

Se sul fronte della cannabis light i tribunali stanno spesso “correggendo” gli eccessi del Decreto Sicurezza, sul CBD ad uso orale la situazione è diversa: qui, almeno per ora, la linea restrittiva del Governo è stata confermata.

Tutto parte dal Decreto del Ministero della Salute del 27 giugno 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 luglio 2024, che ha disposto l’inserimento nella Tabella dei medicinali – sezione B – delle composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo (CBD) ottenuto da estratti di cannabis. Gazzetta Ufficiale+1

Il decreto è entrato in vigore il 5 agosto 2024 e, da quel momento, gli oli orali a base di CBD estrattivo sono stati formalmente assimilati ai medicinali stupefacenti/psicotropi.

Contro questo provvedimento è stato presentato un ricorso, ma il TAR Lazio, con sentenza n. 7509 del 16 aprile 2025, lo ha respinto nel merito, ritenendo legittima la scelta del Ministero.

Cosa ha deciso il TAR Lazio sul CBD orale

La sentenza del TAR (7509/2025) è chiara su alcuni punti fondamentali:

  • le composizioni per somministrazione ad uso orale di CBD, ottenuto da estratti di cannabis, possono essere considerate potenzialmente rischiose in assenza di certezze scientifiche assolute sulla loro sicurezza;

  • in applicazione del principio di precauzione, è legittimo inserirle nella Tabella dei medicinali – sezione B del DPR 309/1990;

  • di conseguenza, tali prodotti non possono più essere venduti come “semplici oli CBD” in negozi, e-commerce, erboristerie o tabaccherie, ma solo come medicinali in farmacia, dietro presentazione di ricetta medica non ripetibile.

In altre parole: l’olio CBD orale è trattato, di fatto, come un farmaco stupefacente, e il TAR ha giudicato questa scelta compatibile con il quadro normativo vigente, pur tra molte critiche del settore.

Cosa rientra nel divieto (e cosa no)

Alla luce del DM 27 giugno 2024 e della sentenza del TAR:

🔴 NON possono essere venduti liberamente (ma solo in farmacia con ricetta):

  • oli e gocce di CBD ad uso orale ottenuti da estratti di cannabis;

  • preparazioni galeniche orali a base di CBD estrattivo, somministrabili per bocca (gocce, soluzioni, ecc.).

🟢 NON sono automaticamente vietati, ma vanno valutati caso per caso, altri prodotti che:

  • non sono destinati a somministrazione orale (es. cosmetici topici conformi al regolamento cosmetici UE, prodotti per uso tecnico, ecc.);

  • non rientrano nelle categorie medicinali o non sono qualificati come composizioni orali di CBD da estratto di cannabis.

In questo senso, varie fonti tecniche e circolari (Ministero, ordini professionali, associazioni di farmacisti) precisano che farmacie e medici devono trattare il CBD orale come un farmaco di Tabella B, mentre il resto del mercato deve prestare estrema attenzione a come qualifica, presenta e utilizza il CBD nei propri prodotti.

Implicazioni pratiche per operatori e consumatori

Per chi lavora nel settore canapa/CBD e per chi acquista:

  • non è più possibile, alla luce della sentenza del TAR, vendere oli orali al CBD “da banco” come se fossero integratori o semplici estratti benessere;

  • ogni prodotto che rientra nella definizione di “composizione per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di cannabis” deve essere gestito come medicinale stupefacente: produzione autorizzata, canale farmaceutico, prescrizione non ripetibile, registri, ecc.;

  • i negozi specializzati e gli e-commerce che operano nel settore canapa devono quindi evitare del tutto la vendita di oli orali CBD estrattivo se non tramite il canale farmaceutico, concentrandosi eventualmente su altri segmenti (cosmetici conformi, prodotti tecnici, hemp food nei limiti di legge, cannabis light ecc.), sempre con massima attenzione all’etichettatura e alla destinazione d’uso dichiarata.

Un fronte ancora aperto sul piano politico e scientifico

Sul piano giuridico, la decisione del TAR Lazio ha dato temporaneamente “copertura” alla linea del Ministero, ma il dibattito resta aperto:

  • diverse associazioni di categoria e realtà come Canapa Sativa Italia e l’Associazione Luca Coscioni hanno criticato la scelta, evidenziando come il CBD non abbia di per sé effetti stupefacenti e richiamando le raccomandazioni dell’OMS;

  • sul piano scientifico, molti studi continuano a considerare il CBD una sostanza a basso rischio, ma la politica italiana, al momento, ha scelto una posizione di massima cautela.

Per gli operatori seri l’unica strada, oggi, è quella della massima compliance:
rispettare il quadro vigente, evitare zone grigie su etichette e canali di vendita e monitorare costantemente eventuali ricorsi, nuove sentenze o modifiche del decreto.

Conclusioni: tra norma rigida e giurisprudenza più equilibrata

Il 2025 ha portato una forte stretta normativa sul fronte cannabis light e CBD, ma il quadro reale non si può leggere solo dal testo del Decreto Sicurezza o dal DM sul CBD:
sono i tribunali a dirci come queste norme funzionano davvero nella pratica.

Da un lato, la legge ha introdotto formule rigide e un impianto fortemente restrittivo;
dall’altro, le decisioni più rilevanti del 2025 hanno:

  • rimesso al centro il principio di offensività concreta,

  • richiamato il rispetto del diritto dell’Unione Europea,

  • ridimensionato la portata repressiva delle nuove disposizioni quando manca l’effetto drogante o quando si ravvisano vizi procedurali (come la mancata notifica UE).

Sul fronte cannabis light, le sentenze favorevoli (Brindisi, Trento, decisioni su notifica UE) mostrano un orientamento chiaro:
se il prodotto è realmente light (THC basso, nessuna efficacia drogante, filiera tracciabile) non può essere trattato come una droga pesante solo perché lo dice uno slogan politico.

Sul fronte CBD orale, invece, al momento la linea è più dura: il TAR Lazio ha confermato l’impostazione del Ministero della Salute, e chi opera seriamente nel settore non può ignorarlo.
Qui la parola d’ordine è prudenza: niente oli orali “da banco”, massima attenzione a etichette, canali e destinazioni d’uso.

Per consumatori e operatori il messaggio è duplice:

  1. Non farsi spaventare da titoli allarmistici: la giurisprudenza 2025 racconta una storia molto più equilibrata di quella che emerge dal solo testo del decreto.

  2. Lavorare in piena compliance: prodotti tracciabili, analisi serie, comunicazione corretta e zero improvvisazione legale.

In questo scenario in movimento, seguire l’evoluzione delle sentenze è fondamentale: sono loro, oggi, a disegnare i confini reali della cannabis light legale in Italia.

📌 Box – Le 3 sentenze chiave che devi conoscere (2025)

1️⃣ Tribunale del Riesame di Brindisi – dissequestro di 800 piante light

  • Cosa è successo: sequestro di oltre 800 piante di canapa light, con THC molto basso.

  • Cosa ha deciso il Tribunale: dissequestro totale, perché i valori di THC non erano idonei a provocare effetti stupefacenti.

  • Perché è importante: conferma, in piena era Decreto Sicurezza, che senza effetto drogante non c’è reato e il prodotto non può essere trattato come sostanza stupefacente.

2️⃣ Tribunale di Trento – ordinanza 5 settembre 2025 sulla canapa light

  • Cosa è successo: ricorso di aziende e associazioni contro l’art. 18 del Decreto Sicurezza.

  • Cosa ha deciso il Tribunale: ha chiarito che la canapa light resta legale quando è priva di efficacia drogante e che l’art. 18 ha natura sostanzialmente ricognitiva, non crea un nuovo reato.

  • Perché è importante: ribadisce, dopo il decreto, la linea già nota: canapa industriale e prodotti senza efficacia drogante non sono automaticamente illeciti.

3️⃣ Decisioni sul mancato rispetto della Direttiva (UE) 2015/1535 – inapplicabilità dell’art. 18

  • Cosa è successo: in alcuni procedimenti, i difensori hanno contestato che l’art. 18 introduca una “regola tecnica” non notificata alla Commissione UE.

  • Cosa hanno deciso i giudici: in almeno un caso, la norma è stata considerata inapplicabile nel concreto proprio per il mancato rispetto della procedura europea di notifica.

  • Perché è importante: apre la strada a una tutela ulteriore per gli operatori seri, mostrando che il diritto dell’Unione Europea può “correggere” e limitare gli eccessi del Decreto Sicurezza.

 
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